PERCHÉ LA CRYPTOART NON PUÒ FARE A MENO DEGLI NFT
L’idea che gli NFT siano codici aridi che nulla hanno a che fare con l’arte è totalmente da rivedere.
Sono molti i detrattori del fenomeno NFT, profeti che annunciano le ipotesi più catastrofiste.
Viceversa sono molti coloro che credono in questa nuova tecnologia e ne avvertono gli enormi potenziali.
Se da una parte c’è chi profetizza una Babele destinata a crollare su se stessa, dall’altra c’è chi avverte le potenzialità di un mondo nuovo destinato a germogliare e si avventura a seminare.
Solitamente non si considerano le implicazioni filosofiche intrinseche nella tecnologia, relegandola a una funzione di mero supporto produttivo o distributivo.
Le parole hanno un senso ultimo per cui sono state coniate.
Per approfondire qualsiasi riflessione su un argomento, è necessario risalire alle origini etimologiche del vocabolo che ne esprime il senso intrinseco.
Prendiamo in esame il termine “tecnologia” ed esaminiamone, vocabolario alla mano, l’origine etimologica.
“Il termine tecnologia è una parola composta di derivazione greca formata dall’unione di due vocaboli: techne (arte, abilità) e loghía (discorso, spiegazione).
Quindi la parola tecnologia esprime intrinsecamente il concetto di: “Discorso sull’arte”.
Siamo in un’epoca dorata.
Non si possono svincolare i concetti di arte e filosofia dal concetto di tecnologia.
Se tentassimo di farlo, incorreremmo in un paradosso semantico.
La matita o il programma grafico di ultima generazione sono soltanto due stadi evolutivi della stessa cosa: la tecnologia appunto.
L’evoluzione tecnica non cambia il senso della tecnologia.
Questa la premessa.
Partiamo dall’inizio, dagli esordi della civiltà.
La pittura, dalle grotte decorate dai primitivi alle forme più informali e sperimentali contemporanee, è sostanzialmente pigmento, o materiali in genere, aderenti a superfici che li accolgono.
La cryptoarte, a differenza di quanto si possa pensare, così come qualsiasi forma digitale, si basa sul medesimo concetto dell’arte fisica, antica o moderna che sia: La differenza sta semplicemente nel fatto che, invece di trattarsi di un pigmento che si attacca ad una superficie, l’arte digitale si manifesta da microparticelle (pixels) che si illuminano ognuna di un preciso colore. Lo schermo è la superficie sulla quale l’opera viene fruita.
L’arte fisica e la cryptoarte hanno la stessa dignità e altezza filosofica.
Il fatto che c’è chi sostiene che la vera arte sia solamente quella fisica è il risultato di un preconcetto derivato dalla convenzione materialistica tramandata dai secoli.
La cryptoarte è la realtà-irreale di cui già scriveva Schopenhauer. È l’interno della caverna di Platone.
NOI SOSTENIAMO CHE LA CRTPTOART NON PUÒ FARE A MENO DEGLI NFT:
_SOLAMENTE IL NFT DELL’OPERA D’ARTE VIRTUALE SANCISCE CHE QUELL’OPERA È L’UNICA ORIGINALE, LA SOLA CHE POSSIEDE L’AURA CREATRICE DELL’ARTISTA.
OGNI ALTRA RIPRODUZIONE DI QUELL’OPERA È DA CONSIDERARSI MERA COPIA SENZA ALCUN VALORE.
DISQUISIZIONE
Già nei tempi antichi, le opere d’arte dei grandi artisti venivano copiate dagli incisori che, attraverso il mezzo dell’inchiostratura delle lastre incise a bulino, riproducevano meccanicamente, per mezzo dei torchi, l’opera d’arte originale.
IL risultato fu che innumerevoli fogli, su cui l’opera era rappresentata, facevano il giro dell’Europa così da poter essere ammirati da più persone possibili.
Ci chiediamo: queste copie toglievano valore all’opera originale e ne oscuravano il valore?
Ovviamente no.
L’aura dell’artista infusa nell’opera originale non può essere svilita, intaccata o perduta dal fatto che vi siano copie in circolazione perché, nelle copie appunto, l’aura e il mistero della creazione non esistono.
Se avessimo a disposizione, ognuno nelle nostre case, la riproduzione fisica identica in tutto e per tutto della Monna Lisa, eseguita a mano o meccanicamente, utilizzando la stessa tavola, gli stessi pigmenti, insomma materialmente identica, smetteremmo di andare ad ammirarla al Louvre?
Ovviamente no.
Probabilmente, al contrario, saremmo spinti sempre di più ad andare difronte all’originale perché solo in esso vive l’aura di Leonardo.
Nessuna riproduzione materiale può sostituire l’opera originale perché essa soltanto possiede il mistero unico e irripetibile della creazione.
Così come in passato, anche il nostro presente ci fornisce la possibilità di fruire di un’opera d’arte fisica originale attraverso riproduzioni fisiche.
Le nuove tecnologie permettono di riprodurre meccanicamente, con pigmenti 3d su tela, capolavori di Tiziano ed altri artisti. Persino una grande scultura come il David di Michelangelo è stata digitalizzata, stampata in 3d ed esportata in terre lontane da Firenze.
Queste riproduzioni, seppur identiche agli originali, non sono però gli originali.
L’aura che L’artista infonde nella sua opera con la propria volontà non è replicabile nelle copie.
Esiste solamente nell’opera originale.
GLI STESSI PRINCIPI VALGONONO PER LE OPERE D’ARTE DIGITALE:
L’opera d’arte digitale originale di un artista la si trova riprodotta in innumerevoli siti proprio come un’opera d’arte fisica anticamente la si trovava su fogli o copie di altro genere.
Concettualmente è lo stesso fenomeno.
Il punto fermo, ovvio, è sempre che l’aura vitale appartenente all’opera originale non c’è nelle riproduzioni che, seppur identiche agli originali, non sono però gli originali.
Pertanto sono evidenti le implicazioni filosofiche degli NFT:
Il NFT è l’aura che permea l’opera d’arte digitale originale creata dall’artista e che la differenzia da tutte le altre riproduzioni.
Per la prima volta nella storia, l’aura dell’opera d’arte viene codificata, può essere letta e verificata.
E’ un rito tecnologico misterico che guarda al passato in vista del domani.
L’artista, creatore dell’opera digitale, facendone il NFT, sancisce che quella e soltanto quella, legata per sempre a quel codice NFT, è l’unica opera originale al mondo nella quale è infusa la propria aura, la sua creazione, il suo mistero, la sua firma d’artista.
Tutte le altre riproduzioni, seppur identiche nell’apparenza, ne sono prive e non hanno valore.
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WHY CRYPTOART CANNOT DO WITHOUT NFTs
The notion that NFTs are dry codes with no connection to art needs a complete reassessment.
There are many detractors of the NFT phenomenon, prophesying the most catastrophic scenarios.
Conversely, there are many who believe in this new technology and recognize its enormous potential.
While some predict a self-destructing Tower of Babel, others perceive the possibilities of a new world destined to flourish and venture to sow its seeds.
Usually, the philosophical implications intrinsic to technology are disregarded, relegating it to a mere function of productive or distributive support.
Words have ultimate meanings for which they were coined.
To delve into any reflection on a subject, it is necessary to trace back to the etymological origins of the vocabulary that expresses its intrinsic meaning.
Let us examine the term “technology” and consider its etymological origin, referring to the dictionary.
“The term ‘technology’ is a compound word of Greek derivation formed by the combination of two terms: techne (art, skill) and loghía (discourse, explanation).
Therefore, the word ‘technology’ inherently expresses the concept of ‘Discourse on art’.”
We are in a golden age.
The concepts of art and philosophy cannot be dissociated from the concept of technology.
Attempting to do so would lead to a semantic paradox.
The pencil or the latest graphic program are merely two evolutionary stages of the same thing: technology, precisely.
Technological evolution does not change the essence of technology.
This is the premise.
Let’s start from the beginning, from the origins of civilization.
Painting, from the decorated caves of the primitives to the more informal and experimental contemporary forms, is essentially pigment or materials in general adhering to surfaces that receive them.
Cryptoart, contrary to what one might think, like any digital form, is based on the same concept as physical art, whether ancient or modern:
The difference lies simply in the fact that instead of being pigment adhering to a surface, digital art consists of microparticles (pixels) that each illuminate with a specific color.
The screen is the surface on which the artwork is experienced.
Physical art and cryptoart have the same dignity and philosophical height.
The notion that true art is only physical is the result of a preconception derived from the materialistic convention passed down through the centuries.
Cryptoart is the unreal reality that Schopenhauer wrote about. It is Plato’s cave.
WE AFFIRM THAT CRYPTOART CANNOT DO WITHOUT NFTs:
_ONLY THE NFT OF THE VIRTUAL ARTWORK ENSURES THAT THE WORK IS THE UNIQUE ORIGINAL, THE ONLY ONE THAT POSSESSES THE ARTIST’S CREATIVE AURA.
ANY OTHER REPRODUCTION OF THAT ARTWORK IS CONSIDERED A MERE COPY WITHOUT ANY VALUE.
DISQUISITION
Even in ancient times, the artworks of great artists were copied by engravers who, through the process of inking engraved plates, mechanically reproduced the original artwork using presses. The result was that countless prints depicting the artwork circulated throughout Europe, allowing them to be admired by as many people as possible.
We ask ourselves: did these copies diminish the value of the original artwork and overshadow its worth? Obviously not. The artist’s aura infused in the original work cannot be diminished, tarnished, or lost due to the existence of circulating copies because copies lack the aura and mystery of creation.
If each of us had an exact physical reproduction of the Mona Lisa in our homes, executed by hand or mechanically using the same materials and pigments, essentially identical in every way, would we stop going to admire it at the Louvre? Obviously not. In fact, we would probably be even more compelled to stand before the original because only in it does Leonardo’s aura reside.
No material reproduction can substitute the original artwork because it alone possesses the unique and irreplaceable mystery of creation. Just as in the past, our present also offers us the opportunity to experience original physical artworks through physical reproductions. New technologies allow for mechanical reproductions of masterpieces by artists like Titian using 3D pigments on canvas. Even a grand sculpture like Michelangelo’s David has been digitized, 3D-printed, and exported to distant lands from Florence.
However, these reproductions, although identical to the originals, are not the originals. The aura that the artist infuses into their work through their own volition cannot be replicated in copies. It exists solely in the original artwork.
THE SAME PRINCIPLES APPLY TO DIGITAL ARTWORK:
The original digital artwork of an artist can be found reproduced on countless websites, just as ancient physical artworks were found on sheets or other types of copies. Conceptually, it is the same phenomenon. The fixed point, obviously, is that the vital aura belonging to the original artwork is not present in the reproductions, which, although identical to the originals, are not the originals.
Therefore, the philosophical implications of NFTs are evident:
The NFT is the aura that permeates the original digital artwork created by the artist and sets it apart from all other reproductions. For the first time in history, the aura of artwork is being codified, can be read, and verified. It is a mysterious technological rite that looks to the past in anticipation of the future.
By creating an NFT of their digital artwork, the artist declares that only that specific artwork, forever linked to that NFT code, is the unique original work in the world infused with their aura, their creation, their mystery, and their artist’s signature. All other reproductions, despite their appearance, lack these qualities and hold no value.
By acquiring the NFT of a digital artwork, the collector becomes the sole owner of the true original digital artwork, the only one that contains the artist creator’s philosophical essence.